Le motivazioni dietro il successo.

Chi mi conosce sa bene che ho tante simpatie sportive, ma un’unica Fede.
Ferrari.

Qualche settimana fa una gioia, con la vittoria alla 24h di Le Mans dopo 58 anni dall’ultimo successo, al primo tentativo dopo aver abbandonato la categoria decenni fa.

Subito i primi paragoni con la squadra corse di Formula 1, che invece non vince da 17 anni il titolo piloti (e che non lo vincerà neanche quest’anno).

Da più fronti si è richiesto lo scambio squadre, il far gestire la Scuderia al team manager del WEC (vincitore a Le Mans) e altre fesserie.

Fesserie.
Le persone non sono intercambiabili, un buon manager lo sa (dovrebbe saperlo…) alla perfezione.
Ci sono situazioni, clienti, periodi storici, settori in cui le skill di una persona possono fare la differenza, creare un ecosistema vincente che va al di là delle caratteristiche del singolo.

Non solo, ciò che fa la differenza vera è la motivazione.

Ferrari a Le Mans era la squadra più forte? Era il gruppo piloti più forte? Era la vettura migliore?
Non per forza, probabilmente no.

Erano quelli che l’hanno preparata meglio, ottimizzando qualsiasi momento?
Assolutamente si, zero errori in 24 ore.

A Le Mans si è creato questo, un progetto che desiderava “tornare dove si spetta”, in vetta alla più classica delle classiche, spodestando il più grande costruttore del mondo, Toyota, che dominava da anni.
Dovevano trionfare e sentire l’inno italiano 58 anni dopo.

E ora, pensaci bene: le tue persone che missione hanno?

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